È autore di software come Instapaper, il back-end di Tumblr e quisquilie varie, è conosciuto e apprezzato per essere razionale in un brodo di esaltati e offrire prospettive su Apple di taglio sempre originale e penetrante.
È uno che insomma se dice una cosa, quella cosa pesa.
Non è nemico di Apple. Non è però nemmeno leccapiedi alla Gruber.
Ed ha lasciato perdere il MacBook 2016 dopo aver provato in tutti i modi a farselo piacere, prima con un 15 e poi con un Esc (il 13 senza touchbar).
Che ci fa uno come lui con un MacBook (Pro, Esc, whatever)?
Fondamentalmente ci batte codice.
Poi ci podcasta, lui, quindi qualche cosa ce la deve pure attaccare.
Dove va dunque a sbattere uno così? Contro la tastiera e le porte.
Questi nuovi MacBook Pro sono esteticamente fantastici, hanno un monitor che ti fa sospirare d'amore, caratteristiche sulla carta pure arrapanti (porte scarse ma polifunzionali e potenti).
Ma riposta la carta (o la pagina web di Apple), messi in the wild, questi portatili logorano.
Logora la tastiera (le frecce, dannazione), logora USB-C che è solo complicazioni (esattamente l'opposto dei propositi, non so se è fallita o nata proprio male, comunque un errore), logora l'assenza di MagSafe.
Arment è tornato a un MBP 2015, se l'è comprato usato su eBay e ci ha scritto un'ode: The best laptop ever made. Come se fosse una cosa nuova appena scoperta. Che non è. Ma è una macchina così ben fatta, così ben calibrata che da piacere pure a essere riscoperta.
L'articolo di Arment può essere letto in filigrana come un'analisi (forse l'ennesima) di cosa non è e in cosa fallisce il MacBook Pro 2016-17.
Ad esempio il dettaglio della presa per il jack a destra, un'altra piccola cosa abrasiva della pazienza di chi la usa.
L'avevo detto pure io qui, e non l'avevo letto mai da nessun'altro.
Chissà se adesso Apple Insider ci farà il contro-editoriale come ha fatto con le review critiche di Gizmodo e WSJ sull'iPhone X.