In America non potranno pagarsi più l'assicurazione sanitaria ma un Mac sotto l'albero lo trovano tutti, quindi Verge ha stilato un elenco di otto app che a loro giudizio meritano un insta-install.
Tralasciate le stronzate come questa, sono app più o meno utili a tutti, poi certamente molto dipende da cosa uno ci fa col Mac oltre le pippe.
Ma sono le migliori? Gusti!
Senz'altro ci sono alternative.
Vediamo.
Bear ➜ Ulysses
Al primo posto della classifica di Verge c'è Bear, un'app per scrivere note (preferibilmente in Markdown) e tenerle raccolte e ordinate. È ottima, e pure made in Italy. Tuttavia la cosa migliore di Bear è l'icona. Favolosa. Anche l'interfaccia è di livello. Ha la sua versione iOS. È completa.
Punti a sfavore: due.
Il primo è che adotta un modello di pagamento a canone annuale (ormai comune a molti), non esoso, di 15$ l'anno per una versione "Pro". Sblocca funzioni di sync e personalizzazione che rendono l'app veramente usabile e completa. La versione di base gratuita serve a capire se l'app fa per noi o no. Tutto sommato un sistema onesto. Se l'app piace e ci serve bene e l'utilizziamo costantemente tutti i giorni, il costo è irrisorio. Tuttavia: votarsi a un'unica app per prendere note? Ci si deve solo innamorare.
L'altro difetto è che pur essendo un'app così curata e rifinita, o forse proprio per questo (e quindi è presunzione), limita la scelta dei font a una manciata tra quelli di sistema (!). Menlo, Courier, Avenir e poco altro. Avenir è il font usato per l'UI, un bellissimo font. Per testi corti, per etichette. Nell'interfaccia ci sta bene, scriverci pezzi oltre il paragrafo è già tafazziano. L'alternativa è Georgia? Vabbè. Un limite davvero inutile e presuntuoso. Per un'app che pretende di essere la reginetta dei text editor è un po' ridicolo. È pieno di font laffuori. Dovrei scrivere con Menlo? Con tutti i meravigliosi mono che ci sono? Con IBM Plex che è gratuito? Sad!
Ladies and gents: Ulysses.
Un'app di vecchio corso ma sempre avanti. Bear è il newcomer, Ulysses è il veterano. Nel tempo si è sempre aggiornata, rinnovata, reincarnata, migliorandosi di update in update e imponendosi come standard de facto per il segmento di app che fanno scrivere e organizzare testi tra Mac o iOS.
Diciamo subito in cosa Ulysses non regge Bear: pur essendo un'ottima app, solida, ben strutturata, granitica, sa un po' di stantio. Bear è più fresca, più acerba. Ulysses è matura ma puzza un po' di vecchio. Già l'icona:
Pare pensata per un'anziana maestra. L'interfaccia è sullo stesso livello: vecchia. Colori standard di macOS, poco sforzo immaginativo. Senz'altro per un'app di scrittura (e che costa quello che costa) si poteva fare uno sforzo maggiore per creare un'ambiente lavorativo più cosy. Va messa in dark mode per non avere l'impressione di star lavorando su Tiger.
E poi il costo, 40€/anno.
Li vale? Offre più di quello che offre Bear e le alternative, semplicemente, sono da ridere (quasi tutte bubbazze, come si dice nella Valley, in Electron). Quindi li può chiedere. Se ce li vale. Beh insomma... Francamente un po' troppi. Se obtorto collo li si caccia si ha tutto il diritto di essere pignoli su ogni difettuccio dell'app. Bear tuttavia resta complessivamente migliore più per il prezzo che per il resto.
Detto il brutto passiamo al bello. Al buono più che al bello, perché un'app che si presenta vecchia non ha più molto da giocarsi come appeal se non le funzionalità. E qui Ulysses eccelle.
Infatti, sapendo di essere bruttarella per prima cosa Ulysses ti fa il favore di scomparire. L'interfaccia si può ridurre alla sola finestra di editing, quindi con poca cornice, e quel poco accettabile. Non delizioso come in Bear, dove però poi vedi Menlo e ti cala la libido. In Ulysses il font lo imposti come ti pare. E concentrandosi l'atto creativo della scrittura (LOL) solo su quello, la differenza così apparentemente minima con Bear diventa invece abissale. Un confronto:
Bear con Avenir (e le emoji 😖), Ulysses col font duospaced di iA Writer (che è un clone di IBM Plex mono). A occhio pare più friendly Bear, ma è ruffianeria. È l'illustrazione così carina, è l'uso delle emoji. Sembra davvero un'app di questi tempi. Ulysses seriosa e monotona, rigida, tedesca (è tedesca). Bear ha la preview della formattazione del testo (il bold, l'italic), Ulysses la omette intenzionalmente perché se Markdown deve essere, Markdown sia: crudo e grezzo. La preview è purtroppo macchinosamente lontana (shift-command+P, o due clic, pannello a parte: bad!). Ma se dobbiamo scrivere a lungo, stare molto sul testo, allora Bear diventa ridondante: segnala un bold (per esempio) con la formattazione WYSIWYG + del testo accessorio (H2 per un header) + markup. Troppo! Con Avenir non disturba tanto, ma con Menlo fa male agli occhi. Se scrivo in MD è però un mono che mi serve, non un font estetico. MD è un po' masochistico, non sempre serve, ma se lo si sceglie vuol dire che si cerca essenzialità e funzionalità, e qui vince Ulysses. Però lo sforzo di Bear di essere carino non è vanità: si possono coniugare funzionalità e piacevolezza, si deve provare ad amalgamarle! Ma per ora il punto di equilibrio non lo trova nessuna delle due. Resta però che se scrivo in MD del WYSIWYG poco mi importa, se volevo quello non aprivo un editor Markdown. Il punto è che queste app non si prestano bene al testo semplice. L'unica app che scrive come Text Edit e struttura da sotto in MD (un MD capovolto insomma!) è Paragraphs, pure carina, ma troppo limitata (i font come in Bear).
È un po' un death match insomma: chi vince, alla fine?
Ulysses perché è più flessibile. Ma Bear ha una sua ragione d'essere. Ulysses sembra antipatico, Bear simpatico. Nell'uso, Ulysses è più servizievole di Bear, Bear più amichevole ma meno efficiente.
Se davvero occorre un editor MD che organizzi i vari testi e che si lasci configurare finanche nella colorazione del markup, la scelta è obbligata. Con Bear si può flirtare, Ulysses è il menage coniugale un po' noioso ma di sicura affidabilità. Sul lungo periodo, quello che lasci è Bear.
Tuttavia se non si è così seri con le proprie notarelle e non si ha uno shock anafilattico con i font di Bear, Bear anche per quello che costa resta una buona opzione. Da newbie.
Il newbie poi matura.
Alfred ➜ Launchbar
Ecco una categoria di app ausiliarie che davvero meritano di essere installate su un Mac nuovo come priorità assoluta, perché fluidificano il workflow e la duttilità del Mac in modo drammatico. Permettono sostanzialmente di lanciare app senza andare a cliccare qua e là cercandole in cartelle (per non diventare come quelli con 100 app sul dock). Permettono la ricerca di file in stile Spotlight e l'esecuzione di piccole macro tipo trigger o shortcut.
L'una o l'altra infondo non fa differenza. Va bene pure QuickSilver, vecchia ma non antiquata, che resta la migliore ma essendo moribonda non si può suggerire di installarla, innamorarsene e poi soffrire. E allora l'alternativa ad Alfred può essere solo Launchbar.
Ma è migliore? Qui è meno ardua che Bear/Ulysses perché Launchbar è meglio fatta.
Partendo dalle differenze più epidermiche:
Le icone sono importanti, sono il primo contatto tra app e pubblico e dovrebbero chiamare al download e dire di che tipo di app si tratta. In maniera più o meno letterale o più o meno astratta. E qui funzionano, rappresentano bene l'app: quale vi pare la più moderna e smart? La bombetta a sinistra? Pure il nome da maggiordomo inglese è poco cool. Però come un maggiordomo inglese Alfred è senz'altro servizievole e preciso.
Launchbar è più sexy. In alcuni aspetti più simile a QuickSilver, che è stata la prima e che ancora può essere presa a metro di paragone quanto a funzionalità e persino (ancora!) a piacevolezza. Come QuickSilver quando era ancora in forma Launchbar è velocissimo e permette di aprire un'app senza dare Enter, ovvero si inizia a scrivere T per Twitter che viene subito visualizzata come prima opzione (perché così ha imparato, potrebbe essere anche Terminal.app), la si tiene premuta e Twitter parte. Alfred richiede la bottarella su ⏎. È un dettaglio ma fa la differenza perché riguarda il 90% dei casi d'uso di app del genere.
Che è vero possono fare molto altro, ma non è detto che serva, e quel molto altro va costruito, imparato, e qui il maggiordomo è oggettivamente meglio attrezzato. Ha i workflow ("powerpack"), che non sono di serie ma vanno comprati, mentre l'app di base è free, ed è encomiabile.
Differenze quindi di prezzo: Alfred con Powerpack 19£, Launchbar 29€. Per pochi euro in più avete meno opzioni ma più fluidità. Scelte.
Un'importante discriminante rimane l'interfaccia, ma...
Fortunatamente sono app che stanno a monitor due secondi e spariscono. Alfred è però più bruttina, col testo da presbite e il nero solido di sfondo. Feels old. Launchbar un pelino più moderna. Resta ancora avanti la vecchia QuickSilver:
Feedback visuale molto più efficiente. Basterebbe toglierle le icone skeuo, ma ormai è addandonata.
TrashMe ➜ AppCleaner
Ma davvero serve un carrozzone del genere per cestinare un'app e i relativi file di cache e preferenze? Ma no, AppCleaner è gratis, questo costa 7€. Se serve fare pulizie più a fondo tanto vale sfoderare CleanMyMac (consigliato). Se AppCleaner, che comunque non viene aggiornato da un bel po' come tanto altro sw su macOS, dovesse sparire dalla circolazione il suo clone a pagamento AppDelete costa lo stesso di TrashMe ed è meno chiassoso.
Pixelmator ➜ Affinity Photo & Affinity Designer
I famosi sfidanti di Photoshop. In realtà Photoshop resta là inamovibile e non sempre queste app prendono a target precisamente lui. A cosa dovrebbero servire? A fare del fotoritocco? Allora sì, prendono di mira Photoshop, che però fa molto altro. E questo ha sempre fatto Pixelmator, così come Acorn: fotoritocco e composizione leggera. Con Photoshop ci manipoli le immagini, resta sempre un metro di paragone lontanissimo.
In realtà, a parte Acorn (pure lui praticamente abbandonato), tutte queste app "alternative" stanno ormai prendendo una loro fisionomia indipendente. Anche Pixelmator nella sua ultima release ("Pro") smette di voler scimmiottare Photoshop e si mette sulla scia di quelle altre app o ibride (raster/vector) o mirate (UI design, Sketch) che negli ultimi anni sono nate su Mac e si stanno imponendo come qualcosa di nuovo e di diverso dai canoni Adobe. Sketch soprattutto nasce con un'impostazione innovativa che la libera dal confronto con Illustrator e davvero gli da le piste. Prima di lui, era Illustrator (ma anche PS) che si usava per disegnare un'interfaccia o un mockup di un sito. Oggi Sketch lo fa sembrare una mazzata sui.
Pixelmator oggi vuole essere in un solo corpaccione quello che sono separatamente le due Affinity, Designer e Photo. Starebbero grosso modo rispettivamente a Illustrator (in realtà Designer sembra la reincarnazione di Fireworks) e Photoshop, ed è in arrivo l'anti-InDesign, Affinity Publisher. Insomma gli ambiti d'uso sono ben chiari. Quelli di Pixelmator... no. Può anche essere il suo punto di forza, ma alla prova dei fatti per me non lo è stato. È un filo troppo innovativo. Tanto sono ortodosse le due Affinity, tanto è bizzarro Pixelmator come impostazione dell'interfaccia. Ci puoi disegnare e comporre layout, ma nessuna delle due cose risulta fluida. Richiede insomma un po' di pazienza all'utente, gli spara una curva d'apprendimento piuttosto impervia che al momento più che distinguerla la azzoppa.
Poi c'è che è nuova e non ci sono pennelli, non ci sono texture, non c'è niente per attrezzarla oltre alla dotazione di serie.
Insomma, è presto, è acerba. Chissà che bachi, a usarla sul serio.
Ecco, se siete disposti a tollerare qualche baco, Affinity Photo costa 55€ e va spesso in sconto, Designer idem. 110€ in due contro i 65€ di Pixelmator. Che non sostituisce bene né l'uno né l'altro, almeno non ancora.
Pixelmator sembra un image editor come l'avrebbe fatto Apple. Non è tanto un complimento. Da le stesse sensazioni di limitatezza e casino di Aperture (bonanima) e Photos. E poi bisogna essere davvero molto, ma molto presuntuosi per mettere la barra degli strumenti a destra tanto per distinguersi:
Davvero può rivolgersi solo a un niubbo totale che non è abituato a niente. Chi invece ha sempre avuto la barra a sinistra sente proprio distorcersi i due emisferi nella scatola cranica, butta il polso a sinistra e lo deve dirottare a destra. Pessima UX. L'UI invece è scintillante.
Bocciato. Credo che basti a ricoprirne il 90% dei casi d'uso Affinity Photo da solo.
Altro
Il resto delle app che cita The Verge o sono inutili o sono effettivamente il meglio che c'è in giro, come Daisy Disk (che però torna utile quando il Mac non è più così nuovo).
Si può fare qualche aggiunta senza andare in ambiti d'uso specifici, e allora tornano senz'altro utili Bartender, imprescindibile, per accorpare e nascondere le icone sulla menu bar, e Moom, un piccolo windows manager che sarebbe del tutto inutile se macOS implementasse una gestione delle finestre più anno domini 2018 (à la Windows già andrebbe bene). Su un portatile, si può sperimentare anche BetterTouchTool per dare un senso a quell'enorme trackpad. Tentare di, almeno. Io sto ancora tentando. Ma soprattutto, iStat Menus per ridare al Mac quello che Apple gli ha tolto: la fottuta indicazione del tempo rimanente della batteria.